PSICOTERAPIA E PSICOTRAUMATOLOGIA

PRENDERSI CURA DEL TRAUMA E DELLA PROPRIA SOFFERENZA

“Se non capisci la natura della paura, non troverai mai il coraggio:” Chogyam Trungpa – Shambbala

Situazioni di difficoltà e di conflitto sono potenzialmente presenti a differenti livelli nell’esperienza della vita umana: incidenti, lutti, difficoltà economiche, di relazione, problemi di salute, situazioni in cui l’equilibrio della persona e del gruppo sociale sono messi a dura prova e dove la capacità intrinseca dell’uomo di adattarsi, sostenersi e aiutarsi può non attivarsi.

A volte situazioni traumatiche molto intense, condizioni di profonda sofferenza possono rafforzare il legame con sé stessi e con il gruppo sociale e generare esperienze di forte coesione.

Molte persone, dopo aver passato momenti difficili della propria storia, si sentono più forti, salde in se stesse, consapevoli dei propri limiti e dei propri punti di forza, costruiscono legami più solidi, si lasciano nutrire dall’affetto e dalla comprensione.

Altre persone si sentono catapultare in uno stato di profondo squilibrio, descritto spesso come un baratro che inghiotte, che li porta ad irrigidirsi e ad attivare comportamenti compensatori quali: l’evitamento, la fuga, la paralisi, la dipendenza da sostanze, cibo, persone.

Spesso questa condizione di paura e di insicurezza porta le persone a cercare possibili spiegazioni alla condizione di sofferenza attraverso la ricerca di un capro espiatorio, la costruzione di convinzioni negative relative a se stessi e all’altro, o la creazione di zone d’ombra dove il dolore può non essere raggiunto ed esplorato a causa della sua intensità emozionale.

Questi comportamenti sono la base della costruzione di sensi di colpa, della messa in atto di processi accusatori e comportamenti punitivi che conducono il soggetto in un circolo vizioso di rabbia, paura, dolore, generando nelle persone uno stato di maggiore sofferenza che va ad associarsi ad una condizione già presente di difficoltà e disagio.

Imparare a comprendere la sofferenza nella sua struttura, dal suo manifestarsi al suo trasformarsi e dissolversi, permette di acquisire validi strumenti di aiuto e sostegno che portano alla possibilità di generare serenità, equilibrio in se stessi e nella propria storia.

Per fare ciò abbiamo bisogno di strumenti che ci permettano di comprendere e rielaborare traumi non risolti, spesso all’origine del malessere.

COSA SI INTENDE PER TRAUMA PSICOLOGICO?

Riprendendo l’etimologia stessa della parola Trauma, che deriva dal greco e che vuol dire “ferita”, possiamo definire il trauma psicologico come una “ferita dell’anima”, un’esperienza reale e vissuta che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive.

Varie sono le forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita, di norma vengono distinti:

Traumi con la T maiuscola

un’esperienza in cui viene messa in pericolo la propria vita o si assiste al rischio di vita per altre persone, ad esempio catastrofi naturali, incidenti, abusi fisici e/o sessuali, diagnosi di malattie gravi

traumi con la t minuscola

esperienze critiche (difficili e angoscianti) a livello soggettivo. Lutti, separazioni, licenziamenti, fallimenti scolastici ecc

È importante sottolineare che un trauma con la t minuscola può non “valere meno” di un trauma con la T maiuscola in termini di impatto psicologico personale.

Subito dopo aver vissuto un evento traumatico il nostro organismo e il nostro cervello vanno incontro ad una serie di reazioni di stress fisiologiche, che nel 70-80% dei casi tendono a risolversi naturalmente senza un intervento specialistico.

Questo avviene perché l’innato meccanismo di elaborazione delle informazioni presente nel cervello di ognuno di noi è stato in grado di integrare le informazioni relative a quell’evento all’interno delle reti mnestiche del nostro cervello, rendendolo “digerito”, ricollocato in modo costruttivo e adattivo all’interno della nostra capacità di narrare l’accaduto.

A volte questo meccanismo di integrazione e di metabolizzazione dell’evento traumatico si blocca, in questo caso le persone continuano a essere congelate nel ricordo (anche somatico) del trauma, rivivendo emozioni, sensazioni, immagini intrusive, pensieri negativi.

In questi casi parliamo di Disturbo Post Traumatico da Stress, o PTSD.

Secondo il D.S.M. 5 con Disturbo da Stress Post Traumatico si intende un disturbo transitorio che può insorgere in soggetti che abbiano vissuto o che abbiano assistito a un evento traumatico implicante un rischio per l’integrità fisica o per la vita, propria o di altre persone (ad esempio, aggressioni personali, disastri, guerre e combattimenti, rapimenti, torture, incidenti, violenze, malattie gravi).

Il Disturbo da Stress Post Traumatico non corrisponde alla normale fase di adattamento fisiologico che ogni persona sperimenta dopo uno shock, ma a un disagio molto intenso e protratto che deve essere affrontato in modo specifico.

PSICOTERAPIA CON EMDR

– EMDR Dal sito www.emdritalia.it

 L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico.
L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica ed è una metodologia completa che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra per trattare disturbi legati direttamente a esperienze traumatiche o particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo. L’elaborazione dell’esperienza traumatica che avviene con l’EMDR permette al paziente, di cambiare la prospettiva dell’evento traumatico cambiando le valutazioni cognitive su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione oltre ad eliminare le somatizzazioni fisiche. Questo permette, in ultima istanza, di adottare comportamenti più adattivi.

L’approccio EMDR è basato sul modello di elaborazione adattiva dell’Informazione (AIP). Secondo l’AIP, l’evento traumatico vissuto dal soggetto viene immagazzinato in memoria insieme alle emozioni, percezioni, cognizioni e sensazioni fisiche disturbanti che hanno caratterizzato quel momento. Tutte queste informazioni immagazzinate in modo disfunzionale, restano “congelate” all’interno delle reti neurali e incapaci di mettersi in connessione con le altre reti con informazioni utili. Le informazioni “congelate” e racchiuse nelle reti neurali, non potendo essere elaborate, continuano a provocare disagio nel soggetto, fino a portare all’insorgenza di patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici. Le cicatrici degli avvenimenti più dolorosi, infatti, non scompaiono facilmente dal cervello: molte persone continuano dopo decenni a soffrire di sintomi che ne condizionano il benessere e impediscono loro di riprendere una nuova vita.  L’obiettivo dell’EMDR è quello di ripristinare il naturale processo di elaborazione delle informazioni presenti in memoria per giungere ad una risoluzione adattiva attraverso la creazione di nuove connessioni più funzionali. Una volta avvenuto ciò, il paziente può vedere l’evento disturbante e se stesso da una nuova prospettiva.

 

Psicoterapia basata sulla Mindfulness e sul modello Core Process

La terapia centrata sulla mindfulness attiva nelle persone risposte adattive a possibili situazioni di difficoltà, disagio, o paura, ansia, panico a volte depressione, offrendo una condizione di stabilità e di sicurezza, elementi fondamentali per imparare a superare l’abitudine all’evitamento, o a condizioni di fissazione.

Lo sviluppo di uno stato di mindfulness è di aiuto nel costruire un processo di cambiamento e di guarigione, poiché insegna a modificare il proprio modo di reagire e affrontare le situazioni difficili della vita spesso fonte di ansia e/o depressione.

Attraverso esercizi molto semplici ma potenti la mindfulness insegna passo dopo passo ad apprendere la capacità di stare con stabilità e sicurezza nel momento presente.

L’abitudine all’evitamento indica uno stato di paura e di non fiducia nel poter reggere, sopportare lo stato di sofferenza e di difficoltà.

Lo sviluppo di uno stato di mindfulness permette di agganciarsi ad una condizione di sicurezza e profonda stabilità e regala alla persona un’autentica fiducia in se stessa e nel proprio corpo: è come creare un baricentro interno, una base sicura e solida che permetta di guardare, ascoltare, sentire, percepire le sfumature del mondo, delle sensazioni, delle emozioni e dei pensieri senza esserne travolti.

La Mindfulness è un sostegno nella pratica terapeutica​

È fondamentale nella pratica terapeutica acquisire l’abilità di essere in uno stato di Mindfulness e  generare l’energia della consapevolezza, per offrire uno spazio stabile e calmo che possa accogliere la sofferenza, che possa nutrire, che possa sostenere il processo di guarigione della persona che sta chiedendo un aiuto e un sostegno.

È importante guidare le persone sul sentiero della consapevolezza perché è il primo passo per lasciar andare i comportamenti automatici, le vecchie abitudini, per creare un confine tra il sé profondo e l’ego, per costruire una base sicura e stabile da cui guardare le difficoltà e il dolore, per attivare le risorse interne che permettono la ristrutturazione delle esperienze negative fonte di sofferenza.

Acquisire l’abilità di essere centrati è un elemento fondamentale nella costruzione di uno spazio terapeutico che accolga e sostenga l’altro nel suo percorso trasformativo che parte dalla sofferenza per giungere al benessere intrinseco.

Il campo relazionale che si crea nella dimensione di aiuto e di ascolto diventa parte integrante della dimensione terapeutica, con un’azione potente di contenimento ma anche di risveglio di infinite possibilità trasformative di cambiamento.

Sviluppare uno stato di calma interiore che genera stabilità ed equilibrio diventa fondamentale per essere consapevoli di ciò che sta avvenendo nel momento presente, passo dopo passo, attimo dopo attimo, influenzando in modo attento e consapevole l’ambito relazionale.

 

La principale fonte d’ispirazione è l’approccio psicoterapeutico della Core Process Psychotherapy (vedere www.karuna-institute.co.uk), un modello che integra la psicologia e le basi della psicologia Buddista e delle sue pratiche.

Alla base di questo modello è presente la convinzione:

  • che noi siamo intrinsecamente integri e sani e che possediamo un innato senso di benessere che spesso è oscurato dai condizionamenti relazionali della nostra vita;
  • che è possibile accedere al centro del proprio essere che è libero da condizionamenti, libero dai legami con la propria struttura di personalità, libero dalle prigioni dell’ego o da immagini precostituite di se stessi;
  • che il centro del nostro essere è la fonte del nostro senso di vitalità, di benessere, di connessione profonda con la realtà delle cose e dell’esperienze.


Il compito del lavoro psicoterapeutico è di portare la luce della consapevolezza all’interno dei processi interni, esterni e relazionali presenti nella persona e nella relazione terapeutica. Portando la consapevolezza e le qualità del cuore nell’esperienza presente “incarnata”, è possibile permettere alla sofferenza e al benessere di manifestarsi ed essere riconosciuti con maggiore facilità.

Psicodramma

Forma di psicoterapia di gruppo ideata dallo psicosociologo americano di origine romena J. L. Moreno (1892-1974), consistente nel far recitare al paziente, sotto la guida di uno o più psicoterapeuti e con la partecipazione attiva di altri pazienti, una parte in un’azione scenica che abbia particolare riferimento alla sua storia personale (recitazione di un sogno, di una fantasia, di un episodio vissuto nell’infanzia, ecc.), nel tentativo di far emergere i conflitti inconsci che lo turbano. Lo Psicodramma è un metodo di Psicoterapia di gruppo che utilizza la messa in scena di tipo teatrale del proprio vissuto, più o meno problematico, per permetterne la rielaborazione e, nel caso di conflitti e problemi, la loro risoluzione attraverso la possibilità di rivedere e rivivere il proprio problema sia dall’interno come protagonista, sia dall’esterno, come spettatore.

 

Dallo Psicodramma di Moreno si sono originate numerose correnti, in particolare lo Psicodramma Analitico Individuativo (Gasca, 1991): una tecnica di conduzione di gruppo a scopo analitico-terapeutico che utilizza, oltre alla parola, il canale espressivo della rappresentazione teatrale e simbolica delle proprie esperienze di vita e dei propri sogni, stimolando così nei partecipanti, più che il pensiero razionale, l’attivazione corporea e la presa di contatto con il proprio mondo interno ed emotivo. Nello psicodramma analitico individuativo affluiscono le teorie psicologiche e le prassi terapeutiche di Jacob Levi Moreno e Carl Gustav Jung, oltre che le teorie di base della gruppoanalisi (Foulkes, Napolitani, Lo Verso).

 

Lo psicodramma è dunque un metodo di sviluppo personale basato essenzialmente sulla ‘messa in azione’ dei contenuti del mondo interno: nello psicodramma la persona “gioca”, concretizzando sulla scena le rappresentazioni mentali degli eventi per lui significativi. La possibilità data dal (ri)sperimentare i propri eventi di vita significativi agendoli e non semplicemente raccontandoli permette al protagonista un accesso diretto alla parte somatica ed emozionale dell’esperienza, ponendo le basi per una elaborazione ed integrazione più ricca e non solo cognitiva.

 

Questo approccio consente, grazie all’utilizzo di diverse tecniche proprie della metodologia d’azione (inversione di ruolo, doppio, specchio, soliloquio…), lo sblocco di situazioni interiori cristallizzate e ripetitive, la soluzione di problemi e di situazioni di crisi, la ricerca e la scoperta di opzioni rispettose di sé e dell’altro… Con questo metodo la persona può, grazie allo sviluppo di un dialogo attivo, imboccare la via di un cambiamento che conduce all’autonomia e alla spontaneità creativa.